Il giorno di inizio della rassegna d'arte
"La Fenice" (la metafora
dell'arte) curata Carlo Tarda, presso Hernica Saxa (BancAnagni), è stato dedicato al pittore Antonino Di Stefano.
Questo grande artista ha portato nella sua pittura la luce e colori mediterranei della Sicilia, che giovanissimo ha lasciato per motivi di lavoro.
Di seguito le considerazioni di due studiosi d'arte.
Antonino Di Stefano nasce il 9 giugno 1936 a Catania; sin da
giovanissimo manifesta il proprio interesse per l'arte ed in
particolare per il disegno e la pittura: impara i primi rudimenti
osservando di nascosto gli abili decoratori dei carretti siciliani e
coltivando la propria passione come autodidatta fino ai primi anni '60.
Frequenta corsi di pittura e disegno a Milano, perfezionandosi
all'Accademia Artisti Associati, diretta da Franco Mosca e che annovera
tra i docenti artisti del calibro di Rino Albertarelli, Lello Cremonesi
e Giorgio Tabet.
Nella seconda metà degli anni '60, Antonino Di
Stefano inizia a partecipare a numerose mostre collettive, ottenendo
spesso riconoscimenti e premi, proponendosi come artista innovativo pur
restando immerso nel filone della grande tradizione pittorica classica.
Di Stefano, infatti, studia attentamente le opere dei grandi maestri
del passato, quali Leonardo, Raffaello, Caravaggio, Chardin e
Delacroix, traendone ispirazione e "filtrandone" l'opera con il gusto
antico ed i colori della propria terra natia.
Negli
anni 70 e '80 continua ad esporre le proprie opere ottenendo un
crescente successo di critica e di pubblico. Nel 1979 alcune opere
dell'autore vengono acquistate per il Museo Universitario di Santa
Clara (USA).
A partire dalla seconda metà degli anni '80, Antonino
Di Stefano dirada la propria partecipazione a mostre collettive.
Sviluppa in questo periodo un crescente interesse verso le
rappresentazioni artistiche di tempi, personaggi ed atmosfere passate:
nascono così dall'abilità del suo dipingere, numerose opere dedicate ai
"mestieri scomparsi" e due grandi tele sui miti greco-italici.
Nel
1998 realizza ad Anagni (FR) una mostra antologica dei suoi lavori, che
riscuote un grande successo. Negli anni successivi, continua a
dipingere, pur con crescenti difficoltà legate al proprio stato di
salute. Nel 2002 realizza una grande tela per la Chiesa di S. Giuseppe
Artigiano ad Anagni.
Nel
2003, paralizzato nel lato destro del corpo, scopre attraverso questo
stato d'essere nuova linfa creativa, con estrema difficoltà, ma con
grande perseveranza, e dalla fine del 2004 riprende a dipingere,
utilizzando la mano sinistra. Ne deriva una pittura per alcuni versi
"più libera", forse meno attenta alla precisione del tratto, ma
vibrante e con sentita ricerca del colore e delle sue infinite
possibilità espressive.
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Di Stefano è sensibile al bello, inteso come
"un'unità di relazioni formali fra le nostre percezioni sensibili"
(Herbert Read); nei suoi quadri, siano in essi rappresentate figure
umane, nature morte o paesaggi, vi è ricorrentemente un buon rapporto
tra forma, superficie e massa degli oggetti", ciò che produce una
sensazione di piacere e gratificazione nel fruitore dell'opera. Da
quando dipinge con la mano sinistra, certo non per sua vocazione, ha
mostrato una maggiore libertà espressiva, impregnata di precarietà, che
rende i temi affrontati più vicini alla realtà esistenziale dell'uomo
moderno. La natura è il punto di riferimento della pittura di Tonino,
ma non lo si può definire né un romantico in chiave moderna, né un
realista... egli ritiene che "la natura costituisce la fonte di
stupende rappresentazioni che coinvolgono l'anima e producono notevoli
emozioni". (E. Fanciulli)